Etologia Filosofica
L’etologia filosofica, intesa come 1) area di ricerca che si occupa delle implicazioni filo-sofiche, teoriche, etiche e sociali dell’etologia, e 2) riflessione sulla condizione animale, sulla sua soggettività e sulle sue modalità di relazione con il mondo, intende porsi oltre ogni interpretazione antropocentrica (l’animale come essenzialmente distinto dall’uomo, parte di un regno separato ed evolutivamente arretrato), meccanicistica (l’animale come semplice res extensa, privo di mente e di mondo interiore) e deterministica (l’animale come rigidamente determinato, nella sua espressione comportamentale, dal corredo ge-netico) della vita animale. Tra gli esponenti di questa corrente, Roberto Marchesini defi-nisce l’animale come soggetto, ovvero come corpo desiderante, corpo che esprime uno stato di desiderio e che dunque intenziona l’ambiente circostante e i suoi elementi attri-buendo loro un significato rilevante per il soggetto stesso. La soggettività è qui intesa come una condizione meta-predicativa, antecedente e universale rispetto alle distinzioni di specie e alle loro caratteristiche. Si tratta, in altre parole, di definire la condizione animale nel suo senso proprio, condizione che si esprime e si riconosce come esercizio di creatività nell’azione (l’animale non è, cioè, legato ad un meccanismo rigido di stimolo-risposta, ad una reazione fissa e standardizzata alla sollecitazione ambientale) e che pre-suppone che il soggetto sia titolare rispetto alle proprie dotazioni – di specie e individuali – e dunque rispetto alle possibilità del loro impiego. Essere titolari equivale a poter libe-ramente fare uso delle proprie specificità e capacità per agire sul mondo nel tentativo di perseguire ed esplicitare le proprie motivazioni comportamentali. L’animale eccede, quindi, le funzioni della struttura, non coincide con esse e non si esaurisce in un registro predefinito di schemi comportamentali su cui non può esercitare alcun tipo di arbitrarie-tà. Una simile concezione dell’animale è in grado di intercettare con efficacia alcuni dei principi teorici fondamentali del postumanismo. In particolare: 1) un’interpretazione an-tiantropocentrica della realtà vivente. L’animale, pienamente inserito nel processo evolu-tivo, è un’entità storica e non teleologica, non destinata ab origine ad una posizione su-balterna o primordiale rispetto all’essere umano; 2) una lettura antimeccanicista e antibe-haviorista della vita animale: ben lungi dall’essere una “scatola nera”, l’animale ha una mente propria, derivata dalla storia evolutiva e individuale, in costante confronto con il mondo in cui è immerso; 3) la postura dell’alterità. L’animale può porsi come “altro” senza per questo dover tracciare una separazione netta, essenziale, con l’uomo e con l’ambiente. L’animale-altro, nell’incontro con il mondo, è portatore di contenuti e co-realizzatore di pratiche formative e creative, a partire dalle quali si strutturano le relazio-ni. In questo modo, l’animale riacquista una dimensione e uno spazio che gli sono propri, una posizione nel mondo e nella sua stessa storia, sia essa filogenetica o ontogenetica.