Filosofia Postumanista Italia

L’isola o Questo non è un cranio

“l’ Île” o “Ceci n’est pas un crâne”
L’Isola”o “Questo non è un cranio

Ho sognato di Diogene di Sinope, quel filosofo cibernetico che viveva in una botte e con una lanterna cercava l’Uomo in pieno giorno, intento ad abbaiare davanti ad un dipinto, un non-quadro magrittiano ad olio raffigurante un cranio umano sottotitolato da una didascalia che recita:  Ceci n’est pas un crâne.

Si tratta (?) del cranio  di un esemplare di Eoanthropus dawsoni, nome scientifico dell’ominide a cui vennero ricondotti i resti di un teschio umano fossile ritrovati nel 1908 a Piltdown, nel Regno Unito. E’ una vera rarità poiché non esiste. E’ un’autentica chimera paleoantropologica frutto della fantasia truffaldina di un archeologo amatoriale inglese che, come verrà definitivamente stabilito quarant’anni dopo la sua “scoperta”,  realizzò il reperto assemblando pezzi di un esemplare di Pongo pygmaeus e di due individui di Homo sapiens.

I resti di quello che all’epoca venne acclamato come il primo uomo inglese, come il tanto ricercato anello mancante tra noi e quelle scimmie di cui saremmo una forma più evoluta ed intelligente, vennero ritrovati durante dei lavori in una cava dell’isola anglosassone, la mandibola di orango proveniva dall’isola del Borneo e, come suggerisce uno dei titoli del non-quadro che ho sognato, l’ Île, il cranio di Piltdown dipinto ricorda proprio un’isola circondata da un cielo, un mare azzurro di fossili liquidi.

Isole vulcaniche, isole artificiali, isole immaginarie, isole di plastica…

Magritte L’isola del tesoro, 1945.

Materia che emerge nel mezzo dei flutti, l’Isola incarna perfettamente l’illusorietà dell’individualità, dell’autonomia di organismo e ambiente, della separazione tra me e l’altro da me, tra dentro e fuori. Trovo che quella dell’isola sia un’immagine piuttosto evocativa anche della precarietà stessa del concetto dell’umano e della sua irriducibilità ad una essenza pura e separata dallo sfondo indistinto del così detto non-umano. L’isola è un’occorrenza momentanea, affioramento della medesima crosta sommersa, sporgenza pronta ad inabissarsi e a perdersi nel suo strato, spazio liminale e luogo peculiare di relazione, attimo dissociativo e interferenza del flusso di diffrazioni, altare asciutto da cui osservare il magma caosmotico da cui proveniamo. La nostra configurazione ibrida e assemblata non è solo corpo emerso ma anche sommerso, nascosto sotto i flutti, attraversato dalle maree del divenire le cui onde si infrangono come vento sulle sue rive e sulle sue rocce: sedimentazioni e stratificazioni bio-culturali che ne tracciano il perimetro ontologico costituendo simultaneamente, come arcipelaghi e costellazioni, una cartografia relazionale molteplice e plurale, una vera e propria mappa epistemologica. E così, per orientarci, ci siamo isolati, con un artificio, vittime di un miraggio percettivo in cui abbiamo ceduto alla seduzione, all’immediatezza e all’intuitività della rappresentazione e del linguaggio.

Come isole ci siamo pensati soli e persi alla deriva nella complessità.                                                                         

King Crimson, Islands, Islands, 1971 E.G. Records.

Beneath the wind turned wave

Sotto il vento che diventa onda

Infinite peace

Pace infinita                                                             

Islands join hands

Le isole si prendono per mano

‘Neath heaven’s sea

Sotto il mare del cielo

 ….     

 

 

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