La coesistenza come rinuncia al potere. ENG below

By Giulia Girodo

18 Agosto 2024

Coesistere, vivere assieme, essere con, significa condividere lo spazio con un altro riconoscendone non solo l’esistenza, ma anche la legittimità del suo starci accanto. Coesitiamo solo con coloro cui accordiamo il nostro stesso diritto di essere, vivere e abitare in uno spazio comune.

Coesistenza è la messa in pratica del riconoscimento della legittimità dell’altro.

Ognuno di noi, in quanto essere vivente, è una sorta di pacchetto di energia, con propri bisogni, desideri, volontà che lo spingono verso il mondo, che lo spingono a incontrare l’esterno per soddisfarsi.

Per quanto riguarda come usare questa energia, abbiamo diverse possibilità:

  1. possiamo scegliere di soddisfare i nostri bisogni non tenendo conto dell’Altro, ossia usurpando il suo spazio, schiacciandolo sotto il peso della nostra soddisfazione, non riconoscendo, di fatto, la legittimità della sua esistenza e del suo possedere un proprio conatus, propri desideri ed intenzioni. Questo rivela che implicitamente crediamo che i nostri interessi e bisogni siano prioritari e debbano prevalere su quelli altrui o perché di maggior valore, più importanti o per via della nostra (maggior) forza. In entrambe le ipotesi è previsto l’utilizzo del proprio potere, della propria spinta energetica, verso l’altro in maniera violenta, distruttiva e oppressiva.

  2. Altro scenario: ci riteniamo inferiori agli altri perché o meno importanti da un punto di vista valoriale o più deboli da un punto di vista di forza, anche fisica. Le implicazioni possono comunque essere distruttive, ma sicuramente non è un modo di stare al mondo generativo di vera coesistenza. Affinché quest’ultima sia solida e di lunga durata, infatti, credo sia necessario che ognuno di noi percepisca pari valore e legittimità tanto di sé stesso quanto di ogni altro.

  3. Ultima possibilità che menziono ha a che fare con la credenza in tutto ciò che ho elencato nel punto 1, ossia il crederci prioritari o più forti, e con la scelta di non usare il proprio potere in maniera violenta e oppressiva.

Ciò che intendo sostenere è che quest’ultima ipotesi rappresenti la strada per una coesistenza a lungo termine e ad ampio raggio, ossia in grado di estendersi a tutti gli altri possibili, pensabili e incontrabili. Riconoscere la legittimità dell’altro e metterla in pratica significa che, anche qualora fossimo in una posizione di forza e superiorità, sceglieremmo di abdicare questo potere.

La nostra energia, in questo caso, sarebbe rivolta all’atto di rinuncia stessa, ossia usata come forza per ‘posare il coltello’, come forza di rinuncia. A partire da questo atto si apre la strada della costruzione di coesistenza e, con lei, diverse possibilità di utilizzo costruttivo dell’energia vitale di ognuno. Una volta posato il coltello, potremmo convogliare le nostre energie in azioni di dialogo, ascolto, apertura e comprensione dell’altro, necessarie per connetterci, riconoscerci e accettarci reciprocamente.

Così può avere inizio il lungo e arricchente cammino della coesistenza.

Chi ha il coltello della parte del manico abbia il coraggio di posarlo per sempre.”

 

 

Coexistence as a renunciation of power

Coexisting, living together, being with, means sharing the space with another recognizing not only its existence, but also the legitimacy of its standing next to us. We only coexist with those to whom we grant our same right to be, live and inhabit in a common space. Coexistence is the practice of recognizing the legitimacy of the other.

Each of us, as living being, is a kind of energy package, with our own needs, desires, and will that push it towards the world, that push it to meet the outside in order to be satisfied.

Regarding how to use this energy, we have a number of different possibilities:

  1. We can chose to satisfy our needs without taking into account the other, that is usurping its space, crushing it under the weight of our satisfaction, not recognizing, in fact, the legitimacy of its existence and its own conatus, its own desires and intentions. This reveals that we implicity believe our interests and needs proritory and prevaling over other’s because they are of greater value or because of our phisical strenght. Both scenarios involve the use of our power, of our living energy, towards the other in a violent, destructive and oppressive manner.

  2. Other scenario: we feel inferior to others because less important from the point of view of values, or weaker. The implications can be destructive and for sure, I believe, this is not a way of living in the world able to generate true coexistence. For the latter to be solid and long-lasting, in fact, I believe it is necessary that each of us perceive himself and every other as having equal value and legitimacy.

  3. Last scenario I mention has to do with the believe in the point 1, that is in our being priority or stronger, and with the choice of not using our power in a violent and oppressive way.

The point I would make is that this last hypothesis represents the way to a long-term and wide-ranging coexistence, that is to say a coexistance extended to all possible, conceivable and achievable others. Recognizing the legitimacy of the other and putting it into practice means that even if we were in a position of strength and superiority, we would choose to abdicate this power.

Our energy, in this case, would be directed to the act of renunciation itself, that is used as a force to ‘put down the knife’, as a force of renunciation. This act opens the way to the construction of coexistence and, with her, to different possibilities of constructive use of each other’s vital energy. Once the knife is put down, we could channel our energies into actions of dialogue, listening, openness and understanding of the other, necessary to connect, recognize and accept each other.

Thus the long and enriching journey of coexistence can begin.

Who has the knife of the part of the handle have the courage to put it down forever”

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