EPPUR SONO MONDO!
[…] a particular incident happened while a was
convalescing, that’s when I got this scar actually
from this accident. A friend of mine came over to
see me and I was confined to bed and I couldn’t
move…but as she left, she said: “Shall I put a
record on?” and I said: “Please..” She put the
record on and then left. The record was much too
quite but I couldn’t reach it to turn it up and it was
raining outside so… was a record of 18th century
harp music I remember and…so I laid there at first
kind of frustrated by this situation but then I
started listening to the rain, listening to the..these
(hardnode) of the heart (bit) that was just loud
enough to be heard above the rain and this was a
great musical experience to me and I suddenly
thougth of this idea of making music that didn’t
impose itself on your space in the same way but
creating a sort of landscape that you could belong
to, you could be part of and this, I called this..I
pompously gave this new name which I called
ambient music..and it became something that I no
longer recognise […] (Brian Eno)[1]
L’ambiguità del rapporto umano-non umano, di Diogene con la sua lampada, del teschio di Piltdown e delle isole crimsoniane fa eco al rapporto tra interno ed esterno, tra organismo e ambiente, un rapporto contraddittorio in cui ciò che sembra influenza e contemporaneamente è influenzato da ciò che è. Se ci delineiamo e avvertiamo come frontiera di un mondo di confini, se il fatto di percepirci distaccati e diversi, separati e separabili poiché autonomi dal tutto il resto, ha avuto e continua ad vere una valenza in termini evolutivi di convivenza e trasformazione, non è possibile ne conviene negarlo. Per secoli abbiamo guardato il sole attraversare la volta celeste girando attorno alla Terra e in base a questo abbiamo navigato, coltivato, costruito intere città, recitato preghiere e compiuto sacrifici. Aver successivamente visto che il nostro pianeta intrattiene una differente relazione con la sua stella ha modificato profondamente le nostre coscienze ma ha risparmiato i nostri occhi che continuano incuranti a seguire il sole nel suo viaggio uranico. Individualità ed eliocentricità condividono entrambe la necessità di una discendenza, sono posizionamenti fortemente legati alla memoria, sono sistemi dipendenti dalla trasmissione e dal passaggio di un ricordo. Sono costruzioni bio e geo-culturali capaci di convivere e sovrapporsi in pace e contraddittorietà con altri, infiniti, posizionamenti e sistemi, con gradi di influenza diversi ma pur sempre in reciproca contaminazione tra loro. Eppur si muove, eppur sono mondo. Accogliere questa dimensione eco-ontologica (Marchesini 2018) non modificherà forse i nostri occhi ma può intimamente influenzare il nostro sguardo ed educare certamente la nostra visione.
Corro, salto, mi arrampico.
Striscio, nuoto, volo.
Mangio, mi accoppio, dormo. Sogno.
Animale vagile, vago, mi muovo, passo e passo oltre.
Attraverso il corpo, altri corpi schiaccio, afferro, evito e scosto, mi sposto.
Io penso dico io, potrei dire io faccio io sono
ma come ignorare gli occhi, i suoni e tutto il resto che mi sento addosso?
Essi sono sono io e io con loro divengo, mi confondo
ho piume tra le dita e nel ventre una foresta, sassi nella bocca e metallo nella testa.
Mi insinuo in un ronzio, vorticante desiderio perdo conoscenza e mi ritrovo mondo,
senza più confini, dimentico di ciò che ero e ora sono, io riemergo sfondo.
- Marchesini, Eco-ontologia. L’essere come relazione, Bologna, Apeiron, 2018.
[1] Questo è quanto ha dichiarato il musicista Brian Eno (1948) nel giugno 2011 quando, intervistato da Riz Khan nel suo programma “One on One”, gli è stato chiesto di parlare delle origini della musica ambient .