Filosofia Postumanista Italia

Anti-specismo, Post-umanesimo e Post-specismo

Saremo mai post-umani, e come?

Se essere-umani™ è un atto performativo, esplorare con azioni e pensieri nuovi modi di stare al mondo è già adottare una postura post-umana. In questa avventura, parafrasando Timothy Morton, saremo tutt* più stran*, per lo meno agli occhi di quell’idea di umano che stiamo decostruendo. Dalla prospettiva umanista le filosofie (post-sofie) del post-umano sono sicuramente non-normative, stravaganti e, forse, per tale motivo più adeguate a ragionare e giocare con la materialità del mondo da cui esse stesse emergono.

In questo blog, Orizzonti di Postsofia, rifletteremo assieme su cosa significa abitare corpi e mondi post-umani e quali orizzonti possiamo immaginare a partire dall’intreccio multispecie del reale. La postsofia è una filosofia del fare e del pensare assieme, per tanto questo blog è da leggere-con: leggere con me, Eleonora, con l’ambiente in cui vi trovate e con gli umani e i non-umani che incontrate ogni giorno. Questi articoli sono gocce sospese nell’aria che aspettano di essere lette per poter rifrangersi in nuovi colori, lungo orizzonti ancora da scoprire.

Ho deciso di dedicare questo primo articolo ad un tema fondamentale per i postumani e a me carissimo: lo specismo e la sua decostruzione nel mondo postumanista. Rifletteremo brevemente sulle possibilità esistenziali che tale decostruzione porta seco, ma anche su come alcune interpretazioni di spicco nel discorso postumano nascondano derive antropocentriche. Concluderò sostenendo che, essere-con il mondo in modo postumano richiede giustizia per tutti i non-umani, una giustizia multispecie.

Iniziamo dunque dalle basi!

Cos’è lo specismo?

Con questo si intende generalmente che l’oppressione e l’utilizzo degli animali non-umani è giustificato, solo o primariamente, dalla loro non appartenenza alla nostra specie. Dunque, si tratta di una discriminazione basata su di una divisione antropocentrica: noi umani da una parte, tutti gli altri animali dall’altra (con un dualismo violento). Da Peter Singer ai Critical Animal Studies, decostruire lo specismo ha significato anche decostruire l’antropocentrismo: la credenza che noi umani, o almeno un certo modello di umano™ debba avere di diritto una posizione di privilegio e superiorità nel mondo. Estendendo queste considerazioni, il post-umanesimo decostruisce la nozione di umano™ come qualcosa di definito, immutabile, separato dagli ecosistemi e, al contempo, al vertice dell’evoluzione della vita. L’umano è un animale, e non quello più speciale. Questa decostruzione ci lascia tutt’altro che scissi, anzi, è di per sé una decostruzione che costruisce e unisce: il post-umano è un divenire-con denso di relazioni e storie, intrecciato con la materialità del mondo e delle soggettività che essa racchiude.

Ma di che relazioni stiamo parlando? Come immaginare incontri oltre lo specismo? 

Tra le filosofie post-umaniste vi è una differenza tra un approccio anti-specista “classico” e uno che Corey Lee Wrenn definisce “post-specista”.

Cosa siamo? Post-umani! Ma…come lo siamo?

Donna Haraway è sicuramente una figura chiave per immaginare futuri postumani. Nel suo celebre libro Staying With the Truble (2016), Haraway ci parla di “mondi multispecie” fatti di identità ibride e companion species, specie che hanno con noi un legame sociale, psicologico ed evolutivo. Haraway ci invita ad abitare un mondo multispecie con esse, basato su di un divenire-con e prendersi cura reciproco, un mondo dalle volontà complesse e multidirezionali, in cui l’umano è un abitante tra gli abitanti.

Ma cosa significa praticamente? Come la nostra relazione con le altre specie muta a seguito di queste considerazioni?

La visione di Haraway a tal riguardo è per molti post-umanisti, me compresa, estremamente fallace. Haraway, infatti, include nelle relazioni “reciproche” tra umano e non-umano pratiche violente, tra cui quelle dell’allevamento per scopi alimentari e non. La sua filosofa promuove sì una visione di mondo multispecie, ma in cui la volontà e la vita degli altri animali rimane narrata da una prospettiva utilitarista-antropocentrata. Nell’orizzonte di Haraway, umano e non umano si incontrano sul piano della materialità relazionale spogliando l’umano della sua unicità ma, al contempo, questo incontro mantiene una deformazione specista nelle strutture di potere..

Corey Lee Wrenn esamina come la dissoluzione dei confini tra umani e altre specie, il post-specismo, sia facilmente usato da filosofe e filosofi come “porta sul retro” da cui far entrare nuovamente l’antropocentrismo. Pensando con le sue parole, qui tradotte da me:

Il post-speciesismo è un’ideologia che suggerisce che le specie non abbiano importanza […] si basa sulla convinzione che siamo “tutti uno [tutti animali]” e che abbiamo tutti un posto uguale sulla terra o nel “cerchio della vita”. La violenza contro gli animali continua a vantaggio degli esseri umani, ma questo non viene più interpretato come una forma di oppressione o dominazione. In altre parole, le differenze di opportunità di vita basate sull’identificazione di specie vengono cancellate dalla narrazione.”

Wrenn porta ad esempio quello degli allevatori, i quali spesso erodono ulteriormente il confine tra umani e non umani “riferendosi alle loro vittime non-umane come figli, familiari o amici”. Haraway riconosce sì una volontà individuale agli animali non umani, ma ritiene che gli interessi di questi siano in sintonia con quelli umani. Così facendo questo orizzonte di post-umanesimo si differenzia dal mio e da altri, spostandosi da una critica anti-specista del rapporto umani-animali ad un endorsement “al di là del bene e del male” del concetto di divenire-con. Se la nostra è una filosofia post-umanista, questa deve essere per forza di cose una filosofia anti-specista.

L’orizzonte che propongo, assieme a pensatrici come Wrenn e Zipporah Weisberg, è fatto sì di mondi multispecie, ma soprattutto di giustizia multispecie. I futuri post-umani devono essere mondi di liberazione, in cui i soggetti non-umani possano sognare e attuare le proprie esistenze senza essere oppressi.

 

Riferimenti:

Haraway J. Donna, Staying with the Trouble: Making Kin in the Chthulucene,  Duke University Press, 2016.

Weisberg Zipporah, “The Broken Promises of Monsters: Haraway, Animals and the Humanist Legacy” in Journal for Critical Animal Studies, Volume VII, Issue II, 2009.

Wrenn L. Corey, Animals in Irish Society: Interspecies Oppression and Vegan Liberation in Britain’s First Colony, State University of New York Press, 2021.

 

 

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